Illegittima l’ordinanza comunale che vieta di dar da mangiare a cani e gatti randagi

Il TAR Puglia  dichiara illegittima l’ordinanza del Sindaco che vieta ai cittadini di dare da mangiare a cani e gatti randagi.

Puoi leggere la sentenza dopo questo primo commento. 
Dopo la lettura della sentenza, puoi leggere al n. 2 l’opinione di un gruppo giuridico.

1)

E’ illegittima l’ordinanza del sindaco che vieta ai cittadini di dare da mangiare a cani e gatti randagi.

 Dare dai mangiare agli animali randagi, abbandonando il cibo sulle pubbliche vie, non può considerarsi un illecito e pertanto l’ordinanza del sindaco che vieta questo comportamento va annullata.

Si è espresso in questi termini il TAR Puglia [1], accogliendo il ricorso promosso da alcune associazioni zoofile locali per ottenere l’annullamento di un’ordinanza comunale emanata per finalità di prevenzione igienico-sanitaria [2].
 
Secondo le motivazioni dei giudici amministrativi da un lato non esiste nel nostro ordinamento alcuna norma di legge che vieti di alimentare gli animali randagi [3], d’altro canto l’ordinanza in questione si pone in contrasto con la normativa nazionale e regionale sulla prevenzione del randagismo e sulla tutela degli animali di affezione [4].
 
L’Asl denuncia che le strade sono sporche per gli avanzi di alimenti lasciati dai benefattori di animali; c’è il rischio del diffondersi di parassiti e malattie. Ma ciò non basta. Secondo il Tar Puglia [1] è prioritaria la legge quadro sul randagismo [4] la quale, già all’art. 1, stabilisce che lo Stato condanna gli atti di crudeltà contro gli animali, i maltrattamenti ed il loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale. Gli animali, quindi, devono essere protetti e non si può impedire chi vuole alimentarli.
 
Esultano le associazioni animaliste, che ricordano come l’unico espediente ammesso dalla legge è la profilassi attraverso il controllo delle nascite, attività che deve essere posta proprio dall’Asl.
 
Cresce la sensibilità verso gli animali. Dal riconoscimento formale della dignità degli animali si sta passando a concrete azioni di tutela giuridica nei loro confronti.
La legge quadro del 1991 prevede quattro misure che vanno in questa direzione: oltre al già menzionato controllo della riproduzione (che consentirebbe di proteggere i randagi dal rischio di malattie), lo sviluppo dell’anagrafe canina, l’educazione del rapporto uomo-animale e dei proprietari di animali (anche attraverso l’informazione diffusa dai veterinari), e la previsione di sanzioni amministrative e penali contro atti illeciti nei confronti degli animali [5]

SENTENZA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

FATTO E DIRITTO
Le ricorrenti hanno impugnato l’ordinanza del comune di S.V.d.N., con la quale “è fatto divieto nel perimetro urbano di somministrare cibo ad animali vaganti sul territorio”.
Il ricorso è fondato.
L’art. 1 l.r. 3 aprile 1995, n. 12, in attuazione dei principi definiti con la l. 281/1991, stabilisce che “La Regione Puglia, al fine di realizzare sul proprio territorio un corretto rapporto uomo – animale –ambiente…promuove, disciplina e coordina la tutela degli animali di affezione, persegue gli atti di crudeltà e i maltrattamenti nei loro confronti nonché il loro abbandono”, e agli articoli seguenti stabilisce che l’unico intervento ammesso per la prevenzione dal randagismo è la profilassi attraverso atti di controllo delle nascite, precisando altresì, all’art. 10, che “La Regione promuove la tutela dei gatti che vivono in stato di libertà. E’ vietato maltrattarli e spostarli dal loro habitat.”.
Il Consiglio di Stato in sede consultiva (Sez, III, parere 16 settembre 997, n. 883), su un ricorso straordinario al Capo dello Stato analogo alla controversia odierna, ha precisato che nessuna norma di legge fa divieto di alimentare gli animali randagi nei luoghi in cui essi trovano rifugio. Inoltre, il divieto di deporre alimenti per la nutrizione dei randagi o che comunque vivano in libertà contrasta con l’art. 2 della l. n. 281/91.
Il divieto sindacale, rivolto alla popolazione locale tutta, di offrire alimenti agli animali randagi appare in contrasto sia con la legge regionale sia con la legge quadro nazionale n. 281/91, dettata a prevenzione del randagismo e a tutela degli animali d’affezione.
Sotto diverso profilo, è da rilevare che l’ordinanza impugnata trova il proprio fondamento nella relazione dell’Asl che richiede il blocco della distribuzione di cibo in ambito urbano, poiché “è stato rilevato un aumento dell’imbrattamento del suolo pubblico con conseguente aumentato rischio di trasmissione di infestioni da ecto ed endo parassiti alla popolazione”.
In realtà, l’Asl non ha fornito alcuna prova o studio comprovante l’affermazione sopra riportata, e comunque, si ricorda che spetta proprio all’Asl programmare le limitazioni e il controllo delle nascite attraverso la profilassi non solo degli animali “domestici” ma anche e soprattutto degli animali randagi.
In conclusione, il ricorso deve essere accolto con compensazione delle spese di giudizio per giusti motivi.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Prima definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
  
[1] T.A.R. Puglia, sez. Lecce, sent. n. 525/12.
[2] Ordinanza Comune S. Vito Dei Normanni n. 108 del 7 novembre 2011.
[3] Il Consiglio di Stato, sezione III con sentenza n. 883 del 1997 si era già pronunciato in questo senso.
[4] L. quadro n. 281 del 1991 e rispettiva legge di attuazione (L.R. Puglia n. 12 del 1995).
[5] Si pensi al reato di abbandono di animali (art. 727 Codice penale) introdotto dalla l. n. 189 del 2004, o al reato di uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette (art. 727 bis C.p. inserito dal d.lgs. n. 121 del 2011).
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2)

Abbiamo ricevuto una richiesta di informazioni di interesse generale su un argomento molto gettonato.  L’alimentazione di cani e gatti liberi.  La pubblichiamo sotto con la relativa risposta. 
Gruppo d’Intervento Giuridico 
 
Salve,   vi scrivo per porvi una domanda su di un ordinanza di un sindaco. L’ordinanza vieta ai cittadini di dar da mangiare ai cani randagi in paese in caso contrario si pagheranno pesanti multe, ora vorrei sapere da voi se questa ordinanza è legale oppure no.  Insomma, un sindaco può multare chi dà da mangiare ai cani randagi?   Spero in una pronta risposta.  I miei complimenti per l’organizzazione.
Vi ringrazio e vi saluto,                        
Alessandro L.
 
Gli elementi forniti non sono molti, sarebbe infatti importante sapere se vi siano rilevanti motivi di carattere igienico-sanitario in una determinata zona, tali da determinare l’adozione di un’ordinanza contingibile ed urgente (art. 54 del decreto legislativo n. 267/2000 e successive modifiche ed integrazioni, da ultimo art. 6 della legge n. 125/2008).   In linea generale, in particolare se relativa indistintamente a tutto il territorio comunale, l’ordinanza sindacale appare illegittima. Infatti, “nessuna norma di legge, né statale né regionale, fa divieto di alimentare gatti randagi nel loro habitat, cioè nei luoghi pubblici o privati in cui trovano rifugio” (Cons. Stato, sez. III, 16 settembre 1997, n. 883, parere), così come una recente ordinanza del novembre 2008 del T.A.R. Veneto, sez. III, ha sospeso l’efficacia del provvedimento del Sindaco di Tregnago (VR) che vietava l’alimentazione dei cani randagi nel territorio comunale su ricorso della L.A.C. e della L.A.V.     Inoltre, l’art. 2 della legge 14 agosto 1981, n. 281 (legge-quadro in materia di animali di affezione e prevenzione dei randagismo), afferma che “i gatti che vivono in libertà sono sterilizzati dall’autorità sanitaria competente per territorio e riammessi nel loro gruppo… Gli enti e le associazioni protezionistiche possono, d’intesa con le UU.SS.LL., avere in gestione le colonie di gatti che vivono in libertà, assicurandone la cura e la salute e le condizioni di sopravvivenza”, aprendo alla possibilità di gestione di colonie feline da parte di associazioni animaliste.