Commento alla Legge nazionale 281/91

Caro lettore, in nero e rosso trovi testo della legge, il blu i nostri commenti.
Da 20 anni ci occupiamo di randagismo nell’eporediese nella quasi totale assenza delle istituzioni. Ora basta, vogliamo una svolta.

LEGGE 14 agosto 1991, n. 281
Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo

Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 203 del 30 agosto 1991

  1. Princìpi generali
    1. Lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali di affezione, condanna
    gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti ed il loro abbandono, al fine
    di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute
    pubblica e l’ambiente.

Lo Stato si deve impegnare in questo, non solo i cittadini, chiediamo dunque che le istituzioni ci affianchino per raggiungere l’obiettivo.

  1. Trattamento dei cani e di altri animali di affezione
    1. Il controllo della popolazione dei cani e dei gatti mediante la limitazione
    delle nascite viene effettuato, tenuto conto del progresso scientifico, presso i
    servizi veterinari delle unità sanitarie locali. I proprietari o i detentori possono
    ricorrere a proprie spese agli ambulatori veterinari autorizzati delle società
    cinofile, delle società protettrici degli animali e di privati.

Questa è da sempre la frase della discordia: l’ASL dice di non avere questo compito. Approfondendo si comprende che non ci sono i fondi né gli ambulatori per farlo. Un  dirigente ci ha detto che in gioventù ha sterilizzato moltissimi gatti, perché è lecito farlo in orario di lavoro, rientra nei compiti dei veterinari dell’ASL. Ha proposto di fare una sala operatoria presso il gattile, in cui avrebbe potuto operare una volta in pensione, ma al momento il progetto è fermo. Faccio però notare che gli ex veterinari asl venuti in gattile per proporre il loro aiuto sono 5 o 6, tutti ammettono che per i gatti non si faccia nulla e, sentendosi in dovere di agire, cercano di proporre iniziative compenderndo presto che la materia è ostica e non dando infine seguito alle nobili intenzioni. In altre regioni l’asl è molto attiva nelle sterilizzazioni, dunque le associazioni non devono cercare fondi per pagare veterinari privati.

2. I cani vaganti ritrovati, catturati o comunque ricoverati presso le strutture di
cui al comma 1 dell’articolo 4, non possono essere soppressi.
3. I cani catturati o comunque provenienti dalle strutture di cui al comma 1
dell’articolo 4, non possono essere destinati alla sperimentazione.
4. I cani vaganti catturati, regolarmente tatuati, sono restituiti al proprietario o
al detentore.
5. I cani vaganti non tatuati catturati, nonché i cani ospitati presso le strutture
di cui al comma 1 dell’articolo 4, devono essere tatuati; se non reclamati entro
il termine di sessanta giorni possono essere ceduti a privati che diano garanzie
di buon trattamento o ad associazioni protezioniste, previo trattamento
profilattico contro la rabbia, l’echinococcosi e altre malattie trasmissibili.
6. I cani ricoverati nelle strutture di cui al comma 1 dell’articolo 4, fatto salvo
quanto previsto dagli articoli 86, 87 e 91 del regolamento di polizia veterinaria
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320,
e successive modificazioni, possono essere soppressi, in modo esclusivamente
eutanasico, ad opera di medici veterinari, soltanto se gravemente malati,
incurabili o di comprovata pericolosità.
7. È vietato a chiunque maltrattare i gatti che vivono in libertà.
8. I gatti che vivono in libertà sono sterilizzati dall’autorità sanitaria
competente per territorio e riammessi nel loro gruppo.

E’ chiaro che la legge preveda l’intervento dell’ASL. Comprendiamo non si siano i fondi, il personale, le strutture, ma allora bisogna potenziare l’interazione con le associazioni, che al momento sono lasciate totalmente sole: si procurano i fondi per sterilizzare e trovano il tempo e i veterinari per farlo.

9. I gatti in libertà possono essere soppressi soltanto se gravemente malati o
incurabili.
10. Gli enti e le associazioni protezioniste possono, d’intesa con le unità
sanitarie locali, avere in gestione le colonie di gatti che vivono in libertà,
assicurandone la cura della salute e le condizioni di sopravvivenza.

L’asl sa quante associazioni ci siano sul suo territorio? Cosa facciano? Quante colonie ci siano, quanti gatti vengano dati in adozione? Questo è mero censimento, la base del metodo scientifico, se l’asl non sterilizza, almeno conosca il proprio territorio e interagisca con chi se ne occupa. 

11. Gli enti e le associazioni protezioniste possono gestire le strutture di cui al
comma 1 dell’articolo 4, sotto il controllo sanitario dei servizi veterinari
dell’unità sanitaria locale.

L’asl conosce le strutture? Sa che in alcune mancano acqua e luce e che i volontari si portano le taniche da casa e illuminano con i fari delle auto?

12. Le strutture di cui al comma 1 dell’articolo 4 possono tenere in custodia a
pagamento cani di proprietà e garantiscono il servizio di pronto soccorso.

  1. Competenze delle regioni
    1. Le regioni disciplinano con propria legge, entro sei mesi dalla data di entrata
    in vigore della presente legge, l’istituzione dell’anagrafe canina presso i comuni
    o le unità sanitarie locali, nonché le modalità per l’iscrizione a tale anagrafe e
    per il rilascio al proprietario o al detentore della sigla di riconoscimento del
    cane, da imprimersi mediante tatuaggio indolore.

Si sa poco o nulla di quella felina, perché non è obbligatorio chippare i gatti. Dovrebbe esserlo invece, perché spesso ci troviamo a sedare litigi tra persone che sostengono il gatto sia loro e non dei vicini o, peggio ancora, persone che non sterilizzano, lasciano che i propri gatti si riproducano, non riconoscono le proprie responsabilità, scaricando sulle associazioni costi e gestione delle cucciolate. Alcuni gatti sono chippati, ma le anagrafi feline regionali non comunicano. Mi spiego: una volta abbiamo letto un microchip, che doveva essere lombardo, ma non si riusciva a risalire al proprietario del gatto.

2. Le regioni provvedono a determinare, con propria legge, entro sei mesi dalla
data di entrata in vigore della presente legge, i criteri per il risanamento dei
canili comunali e la costruzione dei rifugi per cani. Tali strutture devono
garantire buone condizioni di vita per i cani e il rispetto delle norme igienicosanitarie
e sono sottoposte al controllo sanitario dei servizi veterinari delle
unità sanitarie locali. La legge regionale determina altresì i criteri e le modalità
per il riparto tra i comuni dei contributi per la realizzazione degli interventi di
loro competenza.

I canili molto spesso NON si occupano di gatti, non ci sono bandi per gattili, non si conosce talvolta neppure la parola, da qui le condizioni delle strutture sopra descritte, senza acqua e luce, in catapecchie di recupero. Ricordo che, oltre ai gattili sanitari, possono esistere i “parchi gatti”, una via di mezzo tra un gattile e una colonia felina, di realizzazione molto meno onerosa per un comune rispetto a una struttura in muratura.

3. Le regioni adottano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, sentite le associazioni animaliste, protezioniste e venatorie,
che operano in ambito regionale, un programma di prevenzione del
randagismo.

La pagina dell’ASL TO4 riporta tra i propri compiti la “gestione del randagismo”. Il gattile di Ivrea esiste da 20 anni, ma non abbiamo ancora capito in cosa consista questa gestione. Liberi cittadini attivi hanno costruito le strutture, hanno sterilizzato e rilasciato i gatti, hanno pagine social in cui insegnano come gestire un gatto, quando adottarlo e quando no, l’importanza della sterilizzazione, ecc.., ma dalla regione non ci è mai pervenuto nulla, abbiamo costruito tutto rispondendo ai problemi reali del territorio e osservando associzioni site in paesi più organizzati del nostro in questo ambito.

4. Il programma di cui al comma 3 prevede interventi riguardanti:
a) iniziative di informazione da svolgere anche in ambito scolastico al fine di
conseguire un corretto rapporto di rispetto della vita animale e la difesa del suo
habitat;

Mai avuta alcuna informazione in ambito scolastico, alcuni insegnanti la fano di propria iniziativa, nell’ambito dell’educazione civica. Alcuni istituti sarebbero favofevoli a  interventi sull’intero istituto, cosa che è stata proposta all’ASL TO4 svariate volte, senza alcun risultato. Riteniamo molto importante un tale intervento e che l’ASL trovi il modo di coordinarsi con le associazioni per realizzare un programma informativo rivolto e tutte le scuole di ogni ordine e grado. Così come finalmente è prassi fare educazione sessuale, ci auguriamo che anche quella ambientale assuma finalmente l’importanza che dovrebbe ricoprire da tempo.

b) corsi di aggiornamento o formazione per il personale delle regioni, degli
enti locali e delle unità sanitarie locali addetto ai servizi di cui alla presente
legge nonché per le guardie zoofile volontarie che collaborano con le unità
sanitarie locali e con gli enti locali.

Sarebbe come la manna dal cielo: una veterinaria dell’asl, in una conferenza pubblica, sosteneva come fosse dovere istituzionale dell’asl quello di informare, ma al lato pratico non troviamo in nessun luogo personale informato, con esperienza, all’altezza di fornire informazioni utili. Anche gli uffici della città di Torino si basano su esperienze locali e non hanno idea del far west che c’è altrove, con sindaci che non conoscono i propri doveri, asl che non glieli ricorda nemmeno su nostra richiesta, ecc… Come l’informazione nelle scuole, la formazione del personale sarebbe importantissima e persino cruciale nella risoluzione di problemi contingenti.

5. Al fine di tutelare il patrimonio zootecnico le regioni indennizzano gli
imprenditori agricoli per le perdite di capi di bestiame causate da cani randagi
o inselvatichiti, accertate dal servizio veterinario dell’unità sanitaria locale.
6. Per la realizzazione degli interventi di competenza regionale, le regioni
possono destinare una somma non superiore al 25 per cento dei fondi
assegnati alla regione dal decreto ministeriale di cui all’articolo 8, comma 2. La
rimanente somma è assegnata dalla regione agli enti locali a titolo di
contributo per la realizzazione degli interventi di loro competenza.

Di che cifra si parla? 100€/comune o di più? Anche fosse una cifra irrisoria, ricordo che la legge esiste da 30 anni e i comuni non han mai fatto quasi nulla, dunque nel tempo si sarebbe accumulata una cifra significativa, che il personale avrebbe potuto spendere correttamente, se fosse stato istruito in tal senso. E cosa si intende per “enti locali”?

7. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano
adeguano la propria legislazione ai princìpi contenuti nella presente legge e
adottano un programma regionale per la prevenzione del randagismo, nel
rispetto dei criteri di cui al presente articolo.

  1. Competenze dei comuni
    1. I comuni, singoli o associati, e le comunità montane provvedono al
    risanamento dei canili comunali esistenti e costruiscono rifugi per i cani, nel
    rispetto dei criteri stabiliti con legge regionale e avvalendosi dei contributi
    destinati a tale finalità dalla regione.

Si può aggiungere la dicitura “gattili-gatti”? Perché nall’art.1 è specificato “cani e altri animali”, ma non tutti comprendono che si possano realizzare anche gattili, si parla molto più spesso di cani e anche i bandi riportano le diciture cani-canili, mentre dovrebbero assumere un’applicabilità più ampia.

2. I servizi comunali e i servizi veterinari delle unità sanitarie locali si
attengono, nel trattamento degli animali, alle disposizioni di cui all’articolo 2.

Si attengono? Per la verità nel 90% dei casi non si attengono proprio a nulla, neppure se sollecitati con educazione, infatti stiamo iniziando una campagna di denunce. E’ molto brutto, ma dopo una riunione a Torino con ex parlamentari che hanno scritto e fatto approvare questa legge, ci è stato detto “denunciate, denunciate, denunciate, il lavoro fatto non deve cadere nel nulla, la legge deve essere attuata”. Ebbene, il 2024 sarà l’anno degli esposti, semplicemente perché le istituzioni non ci lasciano altra scelta! A questi uniremo la stampa, già contattata per tre comuni i cui sindaci ci hanno risposto in maniera alquanto inopportuna e inadeguata a un primo cittadino. Spesso i sindaci delegano la polizia municipale alla gestione del randagismo, ma persone non formate si comportano talvolta in modo singolare dando risposte prive di reale significato. Per fortuna accanto a queste ce ne sono altre che attuano al meglio i propri compiti e dialogano proficuamente, arrivando ad accordi soddisfacenti per le parti.

  1. Sanzioni
    1. Chiunque abbandona cani, gatti o qualsiasi altro animale custodito nella
    propria abitazione, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di
    una somma da lire trecentomila a lire un milione.
    2. Chiunque omette di iscrivere il proprio cane all’anagrafe di cui al comma 1
    dell’articolo 3, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una
    somma di lire centocinquantamila.
    3. Chiunque, avendo iscritto il cane all’anagrafe di cui al comma 1 dell’articolo
    3, omette di sottoporlo al tatuaggio, è punito con la sanzione amministrativa
    del pagamento di una somma di lire centomila.
    4. Chiunque fa commercio di cani o gatti al fine di sperimentazione, in
    violazione delle leggi vigenti, è punito con la sanzione amministrativa del
    pagamento di una somma da lire cinque milioni a lire dieci milioni.
    5. L’ammenda comminata per la contravvenzione di cui al primo comma
    dell’articolo 727 del codice penale è elevata nel minimo a lire cinquecentomila
    e nel massimo a lire tre milioni. [Comma abrogato]
    6. Le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative di cui ai commi 1, 2, 3 e 4
    confluiscono nel fondo per l’attuazione della presente legge previsto
    dall’articolo 8.

Sanzioni: dovrebbero essere aggiornate e si dovrebbe studiare un regolamento comunale per tutti i comuni della regione. Spesso la polizia municipale lamenta di non poter agire per mancanza di regole chiare.

  1. Imposte
    1. Tutti i possessori di cani sono tenuti al pagamento di un’imposta comunale
    annuale di lire venticinquemila.
    2. L’acquisto di un cane già assoggettato all’imposta non dà luogo a nuove
    imposizioni.
    3. Sono esenti dall’imposta:
    a) i cani esclusivamente adibiti alla guida dei ciechi e alla custodia degli
    edifici rurali e del gregge;
    b) i cani appartenenti ad individui di passaggio nel comune, la cui
    permanenza non si protragga oltre i due mesi o che paghino già l’imposta in
    altri comuni;
    c) i cani lattanti per il periodo di tempo strettamente necessario
    all’allattamento e non mai superiore ai due mesi;
    d) i cani adibiti ai servizi dell’Esercito ed a quelli di pubblica sicurezza;
    e) i cani ricoverati in strutture gestite da enti o associazioni protezionistiche
    senza fini di lucro;
    f) i cani appartenenti a categorie sociali eventualmente individuate dai
    comuni. [Articolo abrogato dal D.L. 8/1993]
  1. Abrogazione di norme
    1. Sono abrogati gli articoli 130, 131, 132, 133, 134 e 135 del testo unico per
    la finanza locale approvato con regio decreto 14 settembre 1931, n. 1175 , e
    successive modificazioni, e ogni disposizione incompatibile o in contrasto con la
    presente legge.
  1. Istituzione del fondo per l’attuazione della legge
    1. A partire dall’esercizio finanziario 1991 è istituito presso il Ministero della
    sanità un fondo per l’attuazione della presente legge, la cui dotazione è
    determinata in lire 1 miliardo per il 1991 e in lire 2 miliardi a decorrere dal
    1992.
    2. Il Ministro della sanità, con proprio decreto, ripartisce annualmente tra le
    regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano le disponibilità del fondo
    di cui al comma 1. I criteri per la ripartizione sono determinati con decreto del
    Ministro della sanità adottato di concerto con il Ministro del tesoro, sentita la
    Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
    autonome di Trento e di Bolzano, di cui all’articolo 12 della legge 23 agosto
    1988, n. 400.
  1. Copertura finanziaria
    1. All’onere derivante dalla presente legge, pari a lire 1 miliardo per il 1991,
    lire 2 miliardi per il 1992 e lire 2 miliardi per il 1993, si fa fronte mediante
    utilizzo dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al
    capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l’anno 1991
    all’uopo utilizzando l’accantonamento «Prevenzione del randagismo».
    2. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le
    occorrenti variazioni di bilancio.

Fondi: è chiaro che le regioni e i comuni non abbiano le possibilità economiche per gestire totalmente il randagismo. Nella zona dell’eporediese, vi è solo il  canile di Caluso che ha 5 persone assunte, tutte le altre associazioni sono costituite solamente da volontari, e già questo è un bel risparmio, perché le ore impegnate ne fanno un secondo lavoro, più che semplice volontariato. Inoltre i bilanci di associazioni medie superano le diverse decine di migliaia di euro, ci sui solo una percentuale deriva da versamenti comunali. Vicino a noi ci sono almeno 5 associazioni simili. Questi dati evidenziano chiaramente il lavoro che svolto e come, di fatto, le associazioni si sitano sostituendo alle istituzioni.

 L’obiettivo di questi commenti è migliorare la situazione odierna: le leggi devono essere attuate, evidentemente, anche in assenza di volontari. Si legge chiaramente che le competenze sono dei comuni, delle regioni, delle ASL, ovvero di personale retribuito dai cittadini. Sono invece i cittadini a farsi carico praticamente in toto della gestione del randagismo e non vengono in alcun modo riconosciuti, anzi, spesso trattati malamente. Chiediamo dunque che vi sia più spazio istituzionale verso le figure che operano nel volontariato, non necessariamente in questo ambito “animalista”, per cambiare la cultura generale e la percezione verso questa importantissima fetta di cittadini che contribuisce in modo sostanziale a mandare avanti il paese.